Le Orchidee Spontanee Della Sardegna

 

*Orchidee selvatiche:

Ben pochi sanno della presenza in Sardegna di Orchidee che vivono allo stato spontaneo nei più vari ambienti quali prati, paludi, garighe, macchie e boschi. Nella maggior parte delle persone il termine "Orchidea" richiama alla mente gli esotici e misteriosi paesaggi delle umide ed impenetrabili foreste tropicali e subtropicali in cui queste piante vegetano avvinghiate ai tronchi e alle fronde di maestosi alberi. Queste regioni, pur rappresentando il principale centro di origine, di differenziamento e di diffusione della maggior parte delle specie, non sono tuttavia le uniche ad ospitarle.

Le famiglia delle Orchidaceae, nel suo complesso, può essere considerata cosmopolita ed ubiquista dal momento che i suoi numerosi rappresentanti sono distribuiti su tutta la superficie del globo, fatta eccezione dei deserti; colonizzano i più disparati habitat: dall’equatore alle regioni artiche e dal livello del mare fino ad altitudini talvolta superiori ai 4000 metri. Il numero di specie comunque diminuisce progressivamente procedendo dai tropici verso i poli e dalle basse alle alte quote.

 

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Questa singolare famiglia è costituita da un numero di specie non esattamente definibile in quanto è soggetto a continui incrementi per le numerose scoperte che si registrano ogni anno. Per questo motivo la maggior parte degli autori sono dell’opinione che le Orchidaceae, con le oltre 30000 specie e 800 generi, contendano alle Asteraceae il primato della più grande famiglia vegetale. Questo valore lo si può ancor più apprezzare se si considera che esse costituiscono circa 1/6 della flora vascolare mondiale.

Come già riferito il maggior numero è concentrato nella aree tropicali e subtropicali dell’Asia, dell’America, dell’Australia e dell’Africa, mentre solamente circa 400 sono quelle che attualmente risultano presenti in Europa e nella regione mediterranea. Di queste ultime oltre 160 si reperiscono in Italia e poco più di 60 in Sardegna.

Appare pertanto evidente come questa famiglia abbia ricevuto dalla natura il privilegio di una variabilità biologica e morfologica la cui ampiezza non è riscontrabile in nessun altro gruppo di vegetali. La multiforme bellezza dei loro fiori era nota già dal tempo del filosofo greco Teofrasto, arguto osservatore dei fenomeni naturali e delle strutture vegetali tanto da venire oggi il fondatore della botanica e a cui si deve, tra l’altro, il termine di "Orchis" e quindi di Orchidee, in riferimento alla forma testicolare delle radici tuberose presenti in numerose entità di questa famiglia.

Sono piante erbacee, perenni, che possono condurre vita terrestre, come quelle europee, oppure epifitica, come nella quasi totalità di quelle esotiche; queste ultime cioè trascorrono tutta la loro vita alloggiate sulle fronde degli alberi dai quali non traggono nutrimento ma sui quali trovano le condizioni più ideali per sopravvivere e riprodursi (luce, umidità, pronubi, protezione, ecc.). Alcune specie infine, non possedendo clorofilla, conducono vita saprofitica resa possibile grazie al verificarsi di un delicato rapporto simbiotico che si instaura tra particolari microfunghi del terreno, capaci di reperire il nutrimento necessario dalla demolizione delle sostanze organiche, e le radici delle orchidee.

 

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La condizione di vita epifitica ebbe inizio da forme inizialmente geofitiche in seguito al verificarsi di alterazioni morfologiche a carico delle radici. Le forme terrestri possono presentare apparati sotterranei costituiti per la maggior parte da bulbo-tuberi (o rizotuberi), di forma e dimensione variabili, rinnovatesi ad ogni periodo vegetativo. I rizotuberi hanno funzione di organi di riserva e di propagazione vegetativa, mentre la funzione di assorbimento è affidata a radici vere od avventizie che sono collocate al di sopra di essi (generi Orchis, Ophrys, Serapias e Dactylorhiza).

In altri generi l’apparato radicale può presentarsi modificato come quello fornito di radici avventizie filamentose di Listera e Epipactis, napiformi di Spiranthes e Platanthera e fascicolate come inCephalantera e Neottia.

 

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*Il fiore delle orchidee

La parte della pianta che suscita maggiore interesse e fascino è il fiore che, nelle diverse specie, fa sfoggio di splendidi colori e di strabilianti forme. Questo capolavoro della natura pare si sia originato di recente dalla evoluzione di un lontanissimo fiore primordiale a struttura regolare (actinomorfo) simile a quello delle Liliaceae (Giglio, Tulipano, ecc.) nel quale si sarebbero verificati fenomeni di fusione, di soppressione e di trasformazione di parti che avrebbero prodotto l'attuale modello irregolare (zigomorfo). Esso è formato da 6 pezzi distribuiti in gruppi di 3 su due cerchi (verticilli) sovrapposti; i 3 esterni, che generalmente sono simili, formano i sepali mentre i 3 interni corrispondono ai petali. Di questi ultimi, due sono uguali (petali laterali) mentre l'altro, che prende il nome di labello, è completamente diverso e notevolmente più grande. È appunto il colore, la struttura e la maestosità del labello che caratterizzano e rendono affascinante il fiore nel suo complesso. Anche se l'analisi attenta di esso consente di identificare con chiarezza una stretta corrispondenza strutturale con quello delle Liliaceae, il fiore delle Orchidee, in quanto a variabilità di forme e di colori, detiene il primato assoluto e pertanto non è paragonabile a quello di nessun altro gruppo di piante. Le straordinarie tappe differenziative a carico del fiore sono state finalizzate alla realizzazione di una struttura squisitamente specializzata per l'impollinazione incrociata (allogamia) da affidare esclusivamente a particolari insetti pronubi. Infatti quasi sempre i fiori delle specie nostrane vengono impollinati da rappresentanti degli Imenotteri, Lepidotteri e Ditteri. In alcuni casi però, soprattutto in mancanza degli impollinatori specifici, alcune orchidee (Epipactis, Limodorum, Ophrys apifera, ecc.), al fine di garantire la perpetuazione della specie, attuano l’autoimpollinazione o impollinazione diretta (autogamia).

 

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 Nel genere Serapias, invece l'insetto intravede nella particolare conformazione cunicolare del fiore un sicuro rifugio ed un ottimo luogo di riposo. In questi casi le masse del polline (pollinii) sono opportunamente collocate nel tragitto obbligato che gli insetti devono percorrere per raggiungere il loro scopo. Nel genere Ophrys, infine, il labello ha raggiunto un grado di specializzazione tale da simulare, in maniera stupefacente, l'addome della femmina corrispondente all'insetto pronubo a cui è affidata l'impollinazione. La simulazione risulta così perfetta che induce gli ignari insetti ad effettuare tentativi di accoppiamento con il labello (pseudocopulazione). Lo scopo di questi "inganni" o "trappole" e quello di assicurare un intimo contatto tra il fiore e l'insetto per mezzo del quale le masse polliniche (pollinii) incollate sul suo capo potranno viaggiare fino a raggiungere, e quindi impollinare, un altro fiore che nel contempo avrà preparato con astuzia un'altra tresca. È questa somiglianza del labello agli insetti pronubi che ha sicuramente ispirato i sistematici vegetali a far uso, nella denominazione delle specie, di aggettivi di natura entomologica, quali: Ophrys apifera o fior d'ape, Ophrys bombyliflora o fior di bombo, Ophrys sphegodes o fior di vespa, Ophrys tenthredinifera o fior di tentredine, ecc.; così pure i nomi dialettali "Apiscedda", "Musconi", ecc., attribuiti a queste specie, palesano tale similitudine. Esse rappresentano una componente significativa della flora del territorio dove sono facilmente reperibili, soprattutto nel periodo primaverile, nei più disparati ambienti, non escluse le zone periferiche dei paesi là dove esistono ancora lembi di vegetazione spontanea. La loro piccola dimensione se da un lato costituisce un handicap per un giusto apprezzamento, dall'altro rappresenta un elemento favorevole che le difende dall'estinzione che ha invece colpito molte specie esotiche che sono state, e sono tuttora, preda dei collezionisti più avidi e irresponsabili. Lo scopo di render noto ad un ampio pubblico una sintesi di questi affascinanti fenomeni di biologia vegetale, le cui conoscenze rimangono spesso privilegio esclusivo degli specialisti, vuole essere quello di fornire un supporto scientifico valido che possa servire a far apprezzare, rispettare e valorizzare nella giusta misura una piccola parte del nostro prezioso patrimonio vegetale.

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*La riproduzione delle orchidee

La riproduzione per mezzo dei semi (riproduzione sessuata) in natura risulta di difficile realizzazione in quanto ha successo solamente se il minutissimo seme, che è privo di sostanze nutritive, ha la fortuna di incontrare uno specifico microfungo del suolo col quale stabilisce un delicato rapporto di utile convivenza (simbiosi) che risulta vantaggioso per entrambi.

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Le orchidee di Elisa

 

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Orchidea selvatica

Trovata a sa Spendula Villacidro